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DEACTORS - EP. 2 - EVAN PETERS

 di Roberta Cricelli

I'm goofy. I'm silly. I like to have fun. - Evan Peters

Evan Peters fotografato nel 2019 per Esquire Singapore

AMERICAN HORROR STORY (2011 - in corso) 
Halloween si avvicina e, come ogni anno, l’atmosfera si tinge di arancione, tra zucche illuminate 🎃, maschere polverose e un irresistibile richiamo verso storie che sfidano il confine tra realtà e incubo! Per gli appassionati del genere horror, questo non è soltanto un periodo di celebrazione: è un rito collettivo, un tuffo consapevole nei meandri più inquieti della mente umana. Nel panorama televisivo contemporaneo, pochi titoli hanno avuto l’impatto di American Horror Story, la serie antologica ideata da Ryan Murphy e Brad Falchuk. Fin dal suo debutto nel 2011, la serie ha riscritto le regole dell’horror in TV, fondendo l’estetica del cinema gotico con le nevrosi della società americana. Ogni stagione si sviluppa come un film a sé stante, con nuovi personaggi, nuove ambientazioni e nuovi incubi, ma spesso interpretati dallo stesso gruppo di attori, trasformati da trucco, psicologia e sceneggiatura. Il risultato è un’esperienza seriale che unisce horror, melodramma, satira e cultura pop in un mix visivo e narrativo che ha conquistato critica e pubblico. Dietro molte di queste metamorfosi si cela Evan Peters. Tra streghe, fantasmi, clown assassini e sette apocalittiche, l’attore ha saputo ritagliarsi un posto d’onore nella mitologia della serie. Ogni suo personaggio è un universo a parte, un’esplorazione dell’ambiguità morale e della psiche disturbata, senza mai cadere nella caricatura. Non si limita a interpretare: incarna, plasma, trasforma. Classe 1987, originario di St. Louis, Missouri, Peters si trasferisce a Los Angeles giovanissimo, coltivando il sogno della recitazione. Dopo una serie di ruoli minori, il 2011 segna una svolta decisiva: Murder House, prima stagione della saga, lo proietta al centro della scena. Da quel momento, non sarà più stato soltanto un attore ricorrente, diventando il baricentro emotivo e narrativo di un universo dove l’orrore assume ogni volta un nuovo volto, spesso il suo. Vi proponiamo un viaggio attraverso le sue interpretazioni più iconiche, da rileggere rigorosamente con le luci soffuse, magari durante una maratona notturna... 👻

TATE LANGDON - MURDER HOUSE [5/5]
Il debutto in AHS ha il volto di un adolescente dannato, allo stesso tempo fragile e minaccioso. Tate Langdon è un personaggio che affascina e inquieta con la stessa intensità. Peters lo interpreta con uno sguardo magnetico e una sensibilità spiazzante, trasformandolo in una vera e propria icona dark per un’intera generazione. Un villain tragico e romantico che ha lasciato un segno indelebile nella storia della serie.
KIT WALKER - ASYLUM [4.5/5]
Dall’oscurità alla luce. Kit è l’archetipo dell’innocente perseguitato, un uomo ingiustamente accusato di aver ucciso sua moglie. In un contesto dominato da follia e istituzioni oppressive, Kit incarna la speranza, la resilienza e la bontà umana. Peters offre una performance misurata, intensa e struggente, che gli vale una nomination ai Satellite Award come miglior attore non protagonista in una miniserie o film per la televisione. Un personaggio che rappresenta il contraltare morale dell’universo di Asylum, dove anche la salvezza sembra avere un prezzo.
KYLE SPENCER - COVEN [3.5/5]
Un moderno Frankenstein - ora attendiamo anche quello di Elordi -, costruito con pezzi di corpo e lacrime di innocenza. Kyle è forse uno dei ruoli meno centrali nella carriera di Peters all’interno della serie, ma resta comunque una prova interessante. Nonostante i limiti della scrittura, l’attore riesce a infondere al personaggio una dolcezza quasi disarmante, restituendo al mostro un’anima smarrita. 
JIMMY DARLING - FREAK SHOW [4/5]
Con Jimmy, noto come “il ragazzo aragosta”, Peters entra nel territorio del melodramma freak. Un giovane emarginato, segnato nel corpo e nell’anima, che cerca normalità e amore in un mondo che non fa sconti alla diversità. La sua interpretazione è toccante, empatica, sempre sul filo dell’emozione autentica. Un tributo a quei mostri “gentili” che la storia del cinema ha saputo trasformare in simboli di umanità.
Nota di Dea: e la voce che apprezziamo su "Come as you are" dei Nirvana è la sua! E la ritroveremo nella stagione 10, in cui vestiva i panni del vampiro Austin Sommers!
JAMES PATRICK MARCH - HOTEL [4.5/5]
La crudeltà può avere il volto dell’eleganza. March è un serial killer d’altri tempi, sadico e teatrale, ma con una raffinatezza che lo rende affascinante anche nella sua malvagità. Peters costruisce il personaggio come un dandy dell’orrore, con movenze studiate e un accento volutamente anacronistico. L’interpretazione è un esercizio di stile, un omaggio ai grandi “cattivi” cinematografici del passato.
KAI ANDERSON - CULT [5/5]
Qui l’attore raggiunge la sua vetta interpretativa. Kai è il volto inquietante del fanatismo contemporaneo, un leader carismatico e manipolatore capace di incarnare le paure più profonde dell’America post-trumpiana. Ogni battito di ciglia, ogni parola pronunciata da Peters ha il peso della minaccia, della seduzione e del controllo.
Ruoli successivi [3.5/5] 
Le stagioni più recenti lo vedono meno presente, ma la sua figura rimane un collante narrativo e simbolico. Anche nei ruoli minori, Peters riesce a lasciare il segno, confermando la sua capacità camaleontica di attraversare i generi e i toni senza perdere coerenza espressiva. Guardare American Horror Story senza Evan Peters è un po’ come immaginare Psycho senza Anthony Perkins o Il silenzio degli innocenti senza Anthony Hopkins: tecnicamente forse possibile, ma emotivamente del tutto impensabile. Ogni sua interpretazione ha contribuito a definire un immaginario horror televisivo dove il mostro è spesso più umano dell’uomo stesso. Il percorso di Peters è quello di un attore - lo scopriremo insieme -, che non si limita a recitare, ma abita i suoi personaggi con una dedizione quasi maniacale e l’immersione nel clima di questa serie televisiva ve ne offrirà un assaggio da brividi! 



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